Inquadramento giuridico dell'Agenzia

PARERE del 6/12/2018

a cura del Prof. Avv. Pierluigi Mantini
Membro Consiglio di Presidenza Giustizia Amministrativa - Politecnico di Milano – Diritto amministrativo
Membro del Comitato Tecnico Scientifico Unappa


Requisiti giuridici dell'Unione Nazionale Professionisti Pratiche Amministrative e all'ambito di attività degli iscritti.

Sulla base dei quesiti formulati, e di un approfondito esame degli sviluppi legislativi e giurisprudenziali della materia, rassegniamo se seguenti conclusioni.

1. I professionisti di U.NA.P.P.A. nello scenario legislativo attuale.

U.NA.P.P.A. - Unione Nazionale Professionisti Pratiche Amministrative -, si configura come un'associazione professionale, formata da professionisti ora regolamentati ai sensi della legge n.4 /2013 e da agenzie titolari di licenze di affari ai sensi dell'art. 115 T.U.L.P.S., che opera in modo organizzato dai primi anni Duemila e anticipatamente dal 1996, con più di 300 strutture sull'intero territorio nazionale (https://www.unappa.it/web/guest/sportello-del-consumatore)

Si tratta indubbiamente di una realtà molto vivace e qualificata, più volte audita dalla Commissione bicamerale per la semplificazione e dal Parlamento in occasione di leggi di bilancio, digitalizzazione e semplificazione amministrativa, che promuove ricerche e convegni scientifici di rilievo oltre le attività formative degli iscritti e quelle previste dalla legge n. 4 del 2013, essendo U.NA.P.P.A. iscritta, in qualità di associazione professionale riconosciuta ai sensi della legge n.4/2013, nel Registro istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico.

Come noto, e come meglio si dirà di seguito, la legge di riforma del 2013 ha completato una stagione di innovazione dell'assetto degli ordinamenti professionali in Italia, sulla base dei principi del diritto eurounitario, dando vita ad un sistema duale che vede, accanto ai tradizionali ordini e collegi professionali, in parte riformati, un secondo pilastro costituito dalle cosiddette "nuove professioni" riconosciute e regolamentate dalla legge.

Nell’economia e nella società della conoscenza e dei servizi, ferme le peculiarità delle discipline giuridiche, è venuta meno ogni discriminazione soggettiva nell'ambito dei mondi professionali, fatto salvo il principio della riserva per legge nella attribuzione di una competenza esclusiva per materia ad una determinata professione (ad esempio, tra le più note, la riserva delle attività mediche o di rappresentanza in giudizio). Pertanto, con l'eccezione delle attività professionali soggette a riserva, nelle altre, ed in particolare in quelle di natura consulenziale, di assistenza o di intermediazione, il principio giuridico dominante non è più quello di una determinata qualifica del soggetto professionale ma quello della libera concorrenza, sulla base dei titoli propri.

Ne consegue che non può essere limitato ai Professionisti riconosciuti ai sensi della legge n. 4/2013 l'accesso ad attività che non siano esse stesse, per legge, riservate ad una specifica categoria professionale.

In altri termini, sussiste per i funzionari delle amministrazioni pubbliche e per ogni soggetto dell'ordinamento, l'obbligo di adeguare l'interpretazione della legislazione previgente ai principi introdotti dalla riforma del 2013 in tutti i casi in cui genericamente un ambito di attività sia riferito ai soli professionisti iscritti a ordini e collegi dovendo invece estensivamente intendersi "ordini, collegi e associazioni professionali riconosciute" salva, come rilevato, la riserva esclusiva di una determinata materia ad una specifica professione.

Corollario di tale pacifico assunto, anche alla luce del diritto europeo, è che tale stensione debba a fortiori ritenersi automatica ove la legge previgente alla riforma del 2013 rechi l'espressione "equiparabile" alle Federazione/Ordine/Collegio. Al fine di meglio fondare le conclusioni enunciate è utile ricostruire, in sintesi, l'evoluzione legislativa della materia.

2. L'attività di "Agenzia di affari" ai sensi dell'art. 115 T.U.L.P.S.

In primo luogo, come anticipato, occorre non trascurare che i professionisti iscritti all' Unione Nazionale Professionisti Pratiche Amministrative operano già da molti anni sulla base dell'art. 11 T.U.L.P.S. e, a far data dall'iscrizione nel Registro delle professioni presso il MISE, sulla base della legge n.4/2013.

L'agenzia d'affari è disciplinata dall'art. 115 della legge 18 giugno 1931 n. 773 recante "Approvazione del Testo unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza" - T.U.L.P.S.

Il d.1gs. 31 marzo 1998, n. 112, all'art. 163, comma 1, lett. d), ha demandato ai comuni la competenza amministrativa in merito, salvo alcuni tipi di agenzie per le quali la competenza è rimasta alle Questure (recupero crediti, aste per pubblici incanti, matrimoniali, pubbliche relazioni).

L'art. 115 del T.U.L.P.S. non elenca in modo esaustivo le tipologie di attività classificabili come agenzie d'affari, che vanno quindi identificate secondo alcuni caratteri necessari. Ai sensi dell'art. 205 R.D. n. 635/1940 gli aspetti fondamentali per qualificare o identificare un'agenzia d'affari sottoposta alla legge di Pubblica Sicurezza, sono i seguenti:

  1. l'attività deve essere svolta con carattere di abitualità e quindi non di occasionalità, utilizzando adeguata professionalità e una, seppur minima, organizzazione;
  2. si deve trattare di un'offerta pubblica, cioè un'offerta di prestazione rivolta a chiunque;
  3. la prestazione deve consistere in una trattazione di affari per conto di altri e quindi in una attività di intermediazione;
  4. il fine di lucro, cioè l'attività svolta a carattere imprenditoriale.

Si tratta un'impresa che si offre come intermediazione nell'assunzione o trattazione di affari altrui, prestando la propria opera a chiunque ne faccia richiesta.

3. Il riconoscimento delle professioni non regolamentate in forma associativa.

All'esito di un lungo e travagliato percorso il parlamento, la legge del 14 gennaio 2013 "Disposizioni in materia di professioni non organizzate", n.4, ha introdotto in Italia, come già anticipato, una disciplina organica delle professioni in precedenza non regolamentate.

Infatti, accanto alle professioni "ordinistiche" (o "protette") S1 sono sviluppate, anche nel nostro Paese e con intensità crescente nel corso degli ultimi anni, numerose professioni che non hanno ex se il riconoscimento legislativo e che nella quasi totalità dei casi hanno dato vita ad autonome associazioni professionali rappresentative di tipo privatistico. Si tratta delle cosiddette professioni non regolamentate o "non protette", diffuse in particolare nel settore dei servizi, che non necessitano di alcuna iscrizione ad un ordine o ad un collegio professionale per poter essere esercitate. Numerose tipologie di professioni non regolamentate si ritrovano in settori come le arti, le scienze, i servizi alle imprese e la cura della persona: gli amministratori di condomini, gli animatori, i fisioterapisti, i musicoterapeuti, i bibliotecari, gli statistici, gli esperti in medicine integrate, i pubblicitari, i professionisti delle pratiche amministrative ecc.. Alcune sono addirittura caratteristiche dell'epoca attuale o dell'economia nazionale: si pensi agli informatici, nelle molte declinazioni, o al job professionale nel turismo o nell' enogastronomia.

E’ possibile che queste ed altre attività di natura professionale (centinaia), spesso "nuove", non abbiano alcun riconoscimento nell'ordinamento? Ed in quale forma giuridica, con quale rapporto con gli ordini professionali? In una prima fase dell'iter legislativo i due aspetti sono stati trattati congiuntamente; in seguito, le Commissioni competenti (giustizia e attività produttive) hanno deciso di separare i procedimenti legislativi relativi alla riforma delle professioni regolamentate e di quelle non regolamentate (seduta del 23 giugno 2010).

La Commissione X della Camera dei Deputati ha elaborato, sulla base delle proposte di legge A.C.1934 e abb., un testo unificato recante una disciplina delle professioni non organizzate in ordini o collegi. Tale testo, uscito dalla Camera dei Deputati, è stato poi modificato dal Senato della Repubblica (che ha escluso dall'ambito di applicazione le professioni sanitarie), ed è stato poi definitivamente approvato dalla X Commissione della Camera in sede legislativa nella seduta del 19 dicembre 2012.

3.1 I principi della legge 4/2013 tra burocrazia e mercato.

La filosofia di fondo della riforma consiste nel "riconoscimento", che non assicura "riserve o esclusive" e dunque da spendere per lo più nei mercati concorrenziali, di un 'attività di natura professionale (non sempre intellettuale ma con basi cognitive comuni), organizzata in forma associativa e non ordinistica.

I professionisti possono costituire associazioni professionali, con il fine di valorizzare le competenze degli associati, garantire il rispetto di regole deontologiche, favorendo la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza. Tali associazioni hanno natura privatistica, sono fondate su base volontaria, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva.

Esse promuovono la formazione permanente dei propri iscritti, adottano un codice di condotta, vigilano sulla condotta professionale degli associati, definiscono le sanzioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni del medesimo codice e promuovono forme di garanzia a tutela dell'utente, tra cui l'attivazione di uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore.

Le associazioni possono costituire forme aggregative, che rappresentano le associazioni aderenti e agiscono in piena indipendenza ed imparzialità. Le forme aggregative hanno funzioni di promozione e qualificazione delle attività professionali che rappresentano, nonché di divulgazione delle informazioni e delle conoscenze ad esse connesse e di rappresentanza delle istanze comuni nelle sedi politiche e istituzionali. Su mandato delle singole associazioni, esse possono controllare l'operato delle medesime associazioni, ai fine della verifica del rispetto e della congruità degli standard professionali e qualitativi dell'esercizio dell'attività e dei codici di condotta definiti dalle stesse associazioni.

Le associazioni professionali possono rilasciare ai propri iscritti delle attestazioni su molteplici aspetti (regolare iscrizione del professionista, requisiti e standard qualitativi, possesso della polizza assicurativa che seppur non obbligatoria, Unappa ha inteso applicare, avendola inserita come requisito associativo ancor prima dell’entrata in vigore della Legge 4/2013) previe le necessarie verifiche, sotto la responsabilità del proprio rappresentante legale, al fine di tutelare i consumatori e di garantire la trasparenza del mercato dei servizi professionali. Tali attestazioni non rappresentano tuttavia requisito necessario per l'esercizio dell'attività professionale. Per i settori di competenza, le medesime associazioni possono promuovere la costituzione di organismi di certificazione della conformità a norme tecniche UNI, accreditati dall'organismo unico nazionale di accreditamento (ACCREDIA) che possono rilasciare, su richiesta del singolo professionista anche non iscritto ad alcuna associazione, il certificato di conformità alla norma tecnica UNI definita per la singola professione.

Unappa a tal proposito ha inteso non organizzare le proprie qualifiche su questa base ma esclusivamente sull’Attestazione, pur sottoponendosi a verifiche di terzi esterne all’associazione. Il modello di valutazione a tal proposito è stato realizzato dal MIP-Politecnico di Milano, nel 2014 e tutt’ora è adottato per le valutazioni. E’ stato realizzato nel rispetto degli Standard del Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF) e applicato rigorosamente per la gestione delle candidature e adesioni, non ultimo per importanza, mantenimento dei requisiti.

Non si tratta dunque di "albi chiusi" ed obbligatori al fine dell'esercizio dell'attività professionale ed impropriamente il modello delineato è stato paragonato a "mini-ordini" professionali, rimanendo prevalente ed essenziale la natura associativa, costituzionalmente riconosciuta, propria di chi, svolgendo un'attività lavorativa comune ed avendo comuni interessi (disciplinari, culturali, economici, previdenziali, sindacali, ecc.) liberamente sceglie di associarsi per meglio promuovere la propria identità sui mercati dei servizi professionali.

Il terreno di (spesso aspro) conflitto con gli ordini professionali, in realtà non da parte di Unappa che con tali ordini collabora attivamente nell’ambito della fornitura di servizi, deriva piuttosto dal delicato tema della disciplina delle "riserve" e delle" esclusive", ed in parallelo del "valore legale del titolo di studio", rimasto sostanzialmente a latere del processo di riforma, che investe la tutela del "patrimonio culturale personale" faticosamente costruito tramite percorsi di studio, esami, titoli, concorsi.

Può essere ex abrupto disperso con un "accesso liberalizzato" a qualsiasi attività professionale? E viceversa, si può immaginare, nell' epoca dell'interdisciplinarietà, del web e di open sources, della conoscenza globale, che ogni singola competenza sia soggetta alla rigorosa protezione delle "esclusive e delle riserve", in un reticolo medioevale di divieti, dazi, sanzioni?

Il legislatore della riforma ha riconosciuto una soluzione di compromesso che contempla il regime di esclusiva, basato su titoli e competenze, per determinate attività di rilievo costituzionale (la cura della salute ai medici, la difesa in giudizio agli avvocati, la costruzione dei ponti agli ingegneri, ecc.) ma consenta, in specie nella consulenza, più ampie soluzioni, in un chiaro e responsabile regime di concorrenza, senza erigere antistorici e irrealistici muri.

3.2 Ambito di operatività della legge: i professionisti associativi

Ai fini di un consapevole sostegno alle motivazioni conclusive circa la più ampia operatività dei " professionisti associativi", salve le riserve di materie per legge previste, occorre soffermarsi sui principali contenuti della nuova disciplina legislativa. In particolare la legge n. 4 del 14 gennaio 2013 ha disciplinato i seguenti ambiti.

L'articolo 1 dopo aver definito al comma 1 la «professione non organizzata in ordini o collegi» individua le categorie escluse; il Senato ha aggiunto, oltre a quelle già previste nel testo approvato dalla Camera dei deputati (le attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell'articolo 2229 del Codice civile e le attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative), le professioni sanitarie.

Il comma 5 consente al professionista di scegliere la forma in cui esercitare la propria professione riconoscendo l'esercizio di questa sia in forma individuale, che associata o societaria o nella forma di lavoro dipendente.

L'articolo 2 riguarda le associazioni professionali che i professionisti possono costituire con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto di regole deontologiche, favorendo la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza.

Tali associazioni hanno natura privatistica, sono fondate su base volontaria, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva. Esse promuovono la formazione permanente dei propri iscritti, adottano un codice di condotta, vigilano sulla condotta professionale degli associati, definiscono le sanzioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni del medesimo codice e promuovono forme di garanzia a tutela dell'utente, tra cui l'attivazione di uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore.

Le associazioni possono costituire forme aggregative, disciplinate dall'articolo 3. Le forme aggregative rappresentano le associazioni aderenti e agiscono in piena indipendenza ed imparzialità. Sono soggetti autonomi rispetto alle associazioni professionali che le compongono. Le forme aggregative hanno funzioni di promozione e qualificazione delle attività professionali che rappresentano, nonché di divulgazione delle informazioni e delle conoscenze

ad esse connesse e di rappresentanza delle istanze comuni nelle sedi politiche e istituzionali. Su mandato delle singole associazioni, esse possono controllare l'operato delle medesime associazioni, ai fini della verifica del rispetto e della congruità degli standard professionali e qualitativi dell'esercizio dell'attività e dei codici di condotta definiti dalle stesse associazioni.

3.3 Elementi a tutela del consumatore/utente.

La legge prevede che chiunque svolge una delle professioni in esame deve far riferimento, nei documenti e rapporti scritti con il cliente, agli estremi del provvedimento in esame. L'inadempimento viene qualificato come "pratica commerciale scorretta" ai sensi del Codice del Consumo (D.Lgs. 206/2005). E’ prevista la possibilità di pubblicità delle associazioni professionali e delle loro forme aggregative. Esse pubblicano sul proprio sito web gli elementi

informativi che presentano utilità per il consumatore, secondo criteri di trasparenza, correttezza, veridicità. Della correttezza di tali informazioni garantisce il responsabile legale dell'associazione professionale o della forma aggregativa. Nei casi le associazioni autorizzino i propri associati ad utilizzare il riferimento all'iscrizione all'associazione quale marchio o attestato di qualità dei propri servizi, sul proprio sito internet devono rendere disponibili anche le informazioni sul significato dei marchi e sui criteri di attribuzione dei marchi e degli altri attestati di qualità, dandone contemporaneamente notizia al Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 81 del decreto legislativo di recepimento della cd. "direttiva servizi" (D.Lgs. 59/2010).

E' anche prevista la possibilità per le associazioni professionali di promuovere la costituzione di comitati di indirizzo e sorveglianza sui criteri di valutazione e rilascio dei sistemi di qualificazione e competenza professionale, con oneri posti a carico delle associazioni rappresentate nei comitati stessi. In sostanza, le associazioni professionali devono assicurare la piena conoscibilità dei seguenti elementi:

  • atto costitutivo e statuto;
  • precisa identificazione delle attività professionali cui l'associazione si riferisce;
  • composizione degli organismi deliberativi e cariche sociali;
  • struttura organizzativa dell'associazione;
  • requisiti per la partecipazione all'associazione, con particolare riferimento ai
  • titoli di studio relativi alle attività professionali oggetto dell'associazione,
  • all'obbligo degli appartenenti di procedere all'aggiornamento professionale
  • costante e alla predisposizione di strumenti idonei ad accertare l'effettivo
  • assolvimento di tale obbligo, all'indicazione della quota da versarsi per il conseguimento degli scopi statutari;
  • assenza di scopo di lucro.

Nei casi le associazioni autorizzino i propri associati ad utilizzare il riferimento all'iscrizione all'associazione quale marchio o attestato di qualità dei propri servizi, l'onere informativo è aggravato e la conoscibilità è estesa ad altri elementi:

  • codice di condotta;
  • l'elenco degli iscritti;
  • le sedi dell'associazione;
  • la presenza di una struttura tecnico-scientifica dedicata alla formazione permanente degli associati;
  • il possesso di un sistema certificato di qualità;
  • le garanzie attivate a tutela degli utenti, tra cui lo sportello di riferimento per il cittadino consumatore.

La non veridicità delle informazioni pubblicate sul sito dell'associazione, o contenute nell'attestazione rilasciata, è sanzionabile ai sensi dell'articolo 27 del Codice del Consumo dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, anche su segnalazione del Ministero dello sviluppo economico che svolge compiti di vigilanza.

3.4 Selfgovernment autoregolazione volontaria.

L'articolo 6 riguarda la promozione dell'autoregolamentazione volontaria e della qualificazione dell'attività dei soggetti che esercitano le professioni non regolamentate, anche indipendentemente dall'adesione degli stessi ad una delle associazioni. La normativa tecnica UNI fornisce i principi e i criteri generali che disciplinano l'esercizio auto-regolamentato della singola attività professionale e ne assicurano la qualificazione. La promozione dell'informazione ai professionisti e agli utenti riguardo l'avvenuta adozione di una norma tecnica UNI è compito del Ministero dello sviluppo economico.

3.5 L' "attestazione di competenza" da parte delle associazioni professionali.

Nel delicato e "pregiato" mercato dei saperi un punto essenziale è costituito dalle attestazioni "di competenza" che le associazioni professionali possono rilasciare ai propri iscritti, previe le necessarie verifiche, sotto la responsabilità del proprio rappresentante legale, al fine di tutelare i consumatori e di garantire la trasparenza del mercato dei servizi professionali.

Le attestazioni non rappresentano requisito necessario per l'esercizio dell'attività professionale e riguardano:

Nel campo delle " nuove professioni", che non è selezionato dall'obbligo dell'esame di Stato, la certificazione delle " qualità professionali" è funzione assai delicata e controversa per la necessità di garantire la qualità dei soggetti ma anche di evitare la nascita di organismi "monopolistici" nei mercati delle competenze professionali. Si fa riferimento all'elaborazione della normativa tecnica UNI, relativa alle singole attività professionali, cui collaborano le associazioni professionali e le loro forme aggregative, partecipando ai lavori degli specifici organi tecnici oppure inviando all'Ente di normazione i propri contributi nella fase dell'inchiesta pubblica. Per i settori di competenza, le medesime associazioni possono promuovere la costituzione di organismi di certificazione della conformità, accreditati dall'organismo unico nazionale di accreditamento, che possono rilasciare, su richiesta del singolo professionista anche non iscritto ad alcuna associazione, il certificato di conformità alla norma tecnica UNI definita per la singola professione che in ogni caso UNAPPA non adotta.

Per corretta e utile informazione, si segnala che dal dicembre 2009 ACCREDIA è l'Ente unico nazionale di accreditamento, che valuta la competenza tecnica e l'idoneità professionale degli operatori di valutazione della conformità (Laboratori e Organismi), accertandone la conformità a regole obbligatorie e norme volontarie, per assicurare il valore e la credibilità delle certificazioni (nota aggiunta da Unappa: che si affiancano in ogni caso alle Attestazioni previste anch’esse dalla Legge 4/2013 e adottate da Unappa).

Con il regolamento del parlamento europeo e del consiglio n. 7 65, del 9 luglio 2008, dal 1 ° gennaio 201 O ogni paese europeo ha il suo ente di accreditamento, responsabile per l'accreditamento in conformità agli standard internazionali.

Questo sistema, lungi dal poter essere considerato definitivo e neppure soddisfacente, dimostra ancora una volta il rilievo dell'"interesse nazionale" nella definizione delle figure professionali poiché è logico guardare ai mercati europei e internazionali dei saperi più che ad interessi locali o regionali.

Lo scenario delle professioni è in continua evoluzione, il riconoscimento delle "nuove professioni" costituisce un sicuro passo in avanti ma l'attuazione della riforma è ancora parziale: ad oggi, sono circa 150 le associazioni professionali riconosciute nel registro presso il Ministero dello Sviluppo economico ed altrettante quelle in attesa di riconoscimento.

Anche il quadro "interno" alle associazioni (formazione, codici deontologici ecc.) risulta variegato mentre occorre registrare che alcune recenti e positive aperture alle professioni delle politiche economiche e fiscali (accesso al credito ed incentivi, detrazioni per spese di formazione ecc.) tendono a privilegiare le professioni organizzate in forma ordinistica rispetto a quelle associative.

4. La "libera" circolazione dei professionisti in Europa.

L'evoluzione legislativa in Italia che ha riconosciuto l'attività professionale nell'ambito dei "due pilastri", ordinistico e associativo è del tutto coerente con i principi del diritto europeo in specie ai fini della libera circolazione che non è certo limitata ai soli professionisti ordinistici.

I principi di libera circolazione dei servizi professionali e di mobilità dei professionisti tra gli Stati membri sono tutelati sin dalle origini dal processo di integrazione europea, sia per quanto concerne lo svolgimento in modo stabile di un'attività di lavoro autonomo, ai sensi dell' art. 49 Tfue, sia per quanto concerne la prestazione temporanea o occasionale, ai sensi dell'art 56 Tfue.
(
Sul tema della libera circolazione dei servizi professionali e del riconoscimento delle quali- fiche cfr. ADAM R., TIZZANO A., Manuale di diritto del! 'Unione europea, Torino, Giappichelli, 2014, p. 515 ss.; BARNARD c., The substantive law ofthe Eu, The Four Freedoms, 3rd ed., Oxford, OUP, 2010, p. 305 ss.; CONDINANZI M., Libertà di stabilimento, in STROZZI G. (a cura di), Diritto dell'U- nione europea. Parte speciale, III ed., Giappichelli, Torino, 2010, pp. 159-216; DANIELE L., Diritto del mercato unico europeo, II ed., Milano, Giuffrè, 2012, p. 202 ss)

L'attuazione di questi principi ha trovato un momento essenziale nella direttiva 2005/36/CE che ha consentito il riconoscimento automatico delle qualifiche professionali ed ha rafforzato la cooperazione tra le autorità competenti dei vari stati membri.

Si può osservare, tra l'altro, che proprio la c.d. direttiva qualifiche ha stimolato, per comprensibili ragioni di omogeneità in sede europea, il processo di riconoscimento in Italia delle professioni non regolamentate, culminato nella legge n.4 del 2013, ampliando l'orizzonte ben oltre i confini dei tradizionali ordini professionali.

Tuttavia, gli ostacoli allo sviluppo della libera circolazione dei professionisti in Europa non sono mancati e ciò per la peculiarità dei regimi professionali e resistenze di "frontiere giuridiche" (obblighi di nazionalità o di residenza, procedure di autorizzazione o di registrazione e vincoli sulla forma giuridica; difficoltà relative all'uso del proprio personale per la prestazione .di servizi nonché alla promozione, distribuzione e vendita di essi ... ) e di "frontiere non giuridiche", quali le barriere culturali e linguistiche e le difficoltà di accedere alle informazioni sull'ordinamento giuridico degli altri stati membri.
(
3 Per approfondimenti si rinvia a DI GIAMBATTISTA L., La direttiva 2013/55/Ue: novità legislative in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali e casi pratici, Istituzjoni de! federalismo, numero speciale,2015, pp.145 e seguenti.)

Al fine di superare le difficoltà riscontrate è stata emanata la direttiva 2013/55/UE che ha istituito, tra le altre misure, la Tessera Professionale Europea (o EPC, European Professional Card) come strumento di semplificazione della prestazione temporanea occasionale di servizi e del riconoscimento delle qualifiche professionali, ovviamente anche dei professionisti non iscritti a ordini o collegi.

5. Conclusioni.

In esito ai processi di liberalizzazione delle professioni o rectius di riforma delle professioni, anche sulla base dei principi europei, occorre prendere atto, adeguando l'interpretazione della legislazione previgente, die nuovi principi introdotti dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4, secondo cui per "professione non organizzata in ordini e collegi", di seguito denominata "professione", si

intende "l'attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi sensi dell'art. 229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative" (art. 1 comma 2).

"Chiunque svolga una delle professioni di cui al comma 2 contraddistingue la propria attività, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l'espresso riferimento, quanto alla disciplina applicabile, agli estremi della presente legge" (art.1 comma 3).

Anche la giurisprudenza del giudice amministrativo ha preso atto di tale nuovo assetto delle professioni (vedi TAR Lazio, sez.III, n. 13020/2015).

Le attività di consulenza e di assistenza alle pratiche amministrative dei professionisti iscritti ad U.NA.P.P.A. non possono pertanto incontrare limiti né divieti di accesso se non nelle materie soggette ad esclusiva riserva di altri professionisti, per esplicita disposizione di legge.

La definizione generale, contenuta nelle leggi previgenti la riforma del 2013, ove si fa riferimento ai "professionisti iscritti ad albi, ordini e collegi" deve essere interpretata, ai sensi di legge, come "professionisti iscritti ad albi, ordini, collegi e associazioni riconosciute".

Nell'ambito delle attività di ordinaria competenza dei professionisti di U.NA.P.P.A. tali riserve sono per lo più previste dalla legge in materia giudiziaria, sanitaria e di attività notarile.

Nessuna riserva o impedimento può essere opposto nelle attività di rappresentanza, mediazione, consulenza e assistenza di terzi presso le amministrazioni pubbliche, anche nelle procedure digitali e telematiche, fatti salvi gli obblighi discendenti dal codice civile e dal regolamento europeo sulla privacy nonché i doveri disciplinati dalla stessa legge n.4/2013.

Occorre fornire un parere positivo, alla luce delle considerazioni che precedono, al quesito posto in merito al rilascio dell'attestato di competenza da parte di U.NA.P.P.A. ai professionisti che, sulla base di uno specifico programma di formazione, conseguano i requisiti tecnico-professionali di idoneità per le figure previste dal Regolamento VE 2016/679 in materia di privacy, anche con attestazione della specifica qualifica di "esperto U.NA.P.P.A. in materia di privacy".

*** *** ***

PARERE del 30/01/2015

a cura del Prof. Avv. Pierluigi Mantini
Membro Consiglio di Presidenza Giustizia Amministrativa - Politecnico di Milano – Diritto amministrativo
membro del Comitato Tecnico Scientifico Unappa

In merito all’interpretazione delle attività esercitabili ai sensi dell’art. 115 T.U.L.P.S. e alle
modalità per l’esercizio delle stesse, in particolare nel caso in cui l’intermediario agisca per conto di un libero professionista.

L’agenzia d’affari è disciplinata dall’art. 115 della legge 18 giugno 1931 n. 773 recante "Approvazione del Testo unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza" - T.U.L.P.S..
Il d. lgs. 31 marzo 1998, n. 112, all’art. 163, comma 1, lett. d), ha demandato ai comuni la competenza amministrativa in merito, salvo alcuni tipi di agenzie per le quali la competenza è rimasta alle Questure (recupero crediti, aste per pubblici incanti, matrimoniali, pubbliche relazioni). L’art. 115 del T.U.L.P.S. non elenca in modo esaustivo le tipologie di attività classificabili come agenzie d’affari, che vanno quindi identificate secondo alcuni caratteri necessary.

Ai sensi dell’art. 205 R.D. n. 635/1940 gli aspetti fondamentali per qualificare o identificare un’agenzia d'affari sottoposta alla legge di Pubblica Sicurezza, sono i seguenti:

  1. l'attività deve essere svolta con carattere di abitualità e quindi non di occasionalità, utilizzando adeguata professionalità e una, seppur minima, organizzazione;
  2. si deve trattare di un’offerta pubblica, cioè un’offerta di prestazione rivolta a chiunque;
  3. la prestazione deve consistere in una trattazione di affari per conto di altri e quindi in una attività di intermediazione.
  4. il fine di lucro, cioè l'attività svolta a carattere imprenditoriale.
  5. Si tratta dunque di un’impresa che si offre principalmente come intermediazione nell'assunzione o trattazione di affari altrui, prestando la propria opera a chiunque ne faccia richiesta (ad esempio veicoli usati, servizi pubblicitari, visure catastali e ipotecarie, consultazione pubblici registri, infortunistica stradale, servizi funebri, prevendita biglietti, trasporti e spedizionieri..). Ma l'estensione delle materie è frutto dell'evoluzione in atto.

In via esemplificativa, lo stesso art. 205 prevede che “ricadono sotto il disposto del citato articolo i commissionari, i mandatari, i piazzisti, i sensati, i ricercatori di merci, di clienti o di affari per esercizi od agenzie autorizzati; le agenzie per abbonamenti ai giornali; le agenzie teatrali; le agenzie di viaggi, di pubblici incanti; gli uffici di pubblicità, e simili.” Mentre il successivo art. 206 dispone che “non sono soggetti alla disciplina dell'art. 115 della legge le agenzie di trasporto di merci mediante autoveicoli, di cui alla legge 20 giugno 1935-XIII, n. 1349, e, in genere, le agenzie e gli uffici di Enti o di istituti soggetti alla vigilanza di autorità diversa da quella della pubblica sicurezza, come i cambiavalute, le agenzie di emigrazione, le agenzie di recapito di corrispondenza, di pacchi e simili.”

Entrambe le norme contengono una formulazione aperta e, pur prevedendo delle esclusioni tassative, rimettono all’amministrazione competente eventuali ulteriori attività escluse.

Infine non può non evidenziarsi come siano comunque sottratte, ai sensi dell’art. 207 r.d. cit., le attività per le quali la legge preveda che a svolgerle sia un professionista iscritto in ordini o albi e, dunque, oggetto di riserva.

Così brevemente rappresentata la disciplina legislativa applicale alle agenzie di affari, si può rispondere ai quesiti posti.

  1. Orbene, al fine di circoscrivere l’attività consentita alle agenzie in oggetto, soccorre l’interpretazione delle norme che ne disciplinano l’autorizzazione e, in particolare, del combinato disposto di cui all’art. 204 R.D. n. 635/1940 e dell’art. 120 TULPS . Ai sensi dell’art. 204 “La domanda di licenza per aprire od esercitare un'agenzia o un ufficio pubblico di affari, a termini dell'art. 115 della legge, deve contenere l'indicazione della natura degli affari a cui si vuole attendere, della tariffa delle operazioni, della sede dell'esercizio e dell'insegna, o l'indicazione del recapito, se si tratti di agenti, sensali o intromettitori girovaghi.” Infatti, come dispone testualmente l’art. 120 T. U.L.P.S. “gli esercenti le pubbliche agenzie indicate negli articoli precedenti sono obbligati a tenere un registro giornale degli affari, nel modo che sarà determinato dal regolamento, ed a tenere permanentemente affissa nei locali dell'agenzia, in modo visibile, la tabella delle operazioni alle quali attendono, con la tariffa delle relative mercedi. Tali esercenti non possono fare operazioni diverse da quelle indicate nella tabella predetta, ricevere merce di maggiori di quelle indicate nella tariffa né compiere operazioni o accettare commissioni da persone non munite della carta di identità o di altro documento, fornito di fotografia, proveniente dall'amministrazione dello Stato”. Ne deriva che, alla luce del disposto normativo, la segnalazione certificata d’inizio attività dovrà essere corredata, tra l’altro, dalla tabella delle operazioni che si intendono svolgere con la relativa tariffa che si intende applicare e che una copia della tabella e del tariffario, restituito con timbro apposto dalla questura o dal comune, dovrà essere apposta nel locale sede dell'agenzia.
    Pertanto, alla luce delle norme evidenziate, le attività per le quali è consentito l’esercizio dell’attività di intermediazione sono quelle indicate nella tabella allegata alla richiesta di autorizzazione e, per ciò autorizzate, dal comune o dalla questura.
    Poichè la maggior parte delle licenze sono risalenti nel tempo si pone il problema, che può essere un'opportunità importante per la maggior parte delle agenzie di UNAPPA, di rinnovare le domande di licenza per ampliare il novero delle attività, sempre nel rispetto delle esclusive, anche ai sensi della legge n.4 del 2013.
  1. Come già evidenziato, quando si parla di "agenzie di affari" si fa riferimento alle imprese, comunque organizzate, che si offrono come intermediarie nell'assunzione o trattazione di affari altrui, prestando la propria opera a chiunque ne faccia richiesta, con l'esclusione di quelle attività di intermediazione che siano già soggette a una specifica disciplina di settore, ad es. agenzie disbrigo pratiche automobilistiche, agenzie di viaggio, agenzie immobiliari ovvero attività riservate ai liberi professionisti (ex art. 207).
    Con riferimento all’attività svolta per conto di professionisti, affinchè si trattati di un’attività legittima, questi devono avere una delega.
    Spesso, ma non necessariamente, nella procura, rilasciata dal privato, si autorizza il professionista a “farsi sostituire” .
    In tale ipotesi, il professionista potrà delegare altro soggetto “abilitato” a svolgere l’attività per cui egli stesso ha ricevuto mandato.
    Dunque, soltanto quando il professionista debba svolgere un’attività il cui esercizio non è riservato dalla legge stessa a professionisti iscritti in ordini o albi, egli potrà legittimamente delegare un soggetto provvisto di licenza ex art. 115 T.U.L.P.S.
    Infine, deve evidenziarsi come l’art. 120 TULPS dispone che, prima di accettare l’incarico, l’intermediario debba accertarsi dell’identità di colui che richiede lo svolgimento dell’attività ed annotare i dati del soggetto che conferisce l’incarico nel registro a tal fine predisposto.

    Abbiamo in tal senso predisposto un modello più aggiornato di procura.
    Occorre ricordare poi che l’art. 31, comma 2-quater, della legge 24 novembre 2000, n. 340, dispone che “il deposito dei bilanci e degli altri documenti di cui all’articolo 2435 del Codice civile può essere effettuato tramite trasmissione telematica o su supporto informatico degli stessi, da parte degli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, muniti della firma digitale e allo scopo incaricati dai legali rappresentanti della società.”
    Ne deriva che, stante il tenore letterale della norma, lex specialis, si tratta di un’attività riservata che non può essere svolta da un’agenzia d’affari o, comunque, da un soggetto che non possieda i requisiti previsti dalla norma (iscrizione negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali).